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I dipinti di
soggetto sacro realizzati dal Tintoretto presentano puntuali riferimenti alle Sacre
Scritture che presuppongono una profonda conoscenza dei testi. É ragionevole ritenere che
l'artista abbia ricevuto suggerimenti da chi, più di lui, era addentro nella teologia;
eppure, considerando solamente le opere realizzate per le chiese, sorprende il tono,
sempre alto, degli esiti raggiunti. (1) I probabili spunti indicati dalla committenza
hanno sicuramente trovato una totale adesione da parte dell'artista che, quanto meno, ha
saputo accogliere e tradurre i suggerimenti narrativi e catechetici con soluzioni
figurative originali e coinvolgenti. Tintoretto inoltre dimostra un'inconsueta conoscenza
delle figure della retorica. Il ricorso frequente alla prolessi, ad esempio, si intreccia
con una narrazione rapsodica che, dopo un'iniziale sorpresa, invita ad addentrarsi nella
storia di un avvenimento collegando, mediante il filo della propria memoria, episodi
separati nel tempo e nello spazio. Quanto alle conoscenze dell'artista -in attesa di nuovi
ed esaurienti documenti che attestino il ruolo attivo della committenza- va ricordato il
costume, assai diffuso nel Cinquecento, di prendere a modello delle proprie meditazioni
figurate la pratica degli esercizi spirituali. Nell'orazione mentale il fedele doveva
ricostruire con la propria immaginazione gli episodi principali della vita di Maria
Vergine e di Gesù. Ogni esercizio richiedeva un'accurata ricostruzione dell'avvenimento e
numerosi erano gli inviti a vedere mentalmente la scena, come se si fosse stati presenti
al fatto. Scopo della pratica era quello di affinare la sensibilità e la vista
immaginativa dell'anima contemplativa per indirizzarla al bene e al raggiungimento della
perfezione. Fra le ragioni che si possono addurre per spiegare la presa e il successo
conseguito dal Tintoretto nelle scuole e nelle chiese veneziane si può ipotizzare che le
sue opere furono particolarmente apprezzate in quanto esponevano, in figura, ciò che il
fedele doveva creare con il proprio occhio della mente.
I primi teleri per la Scuola
di San Rocco (é)
Carlo Ridolfi, descrivendo la Crocifissione situata
nella sala dell'Albergo della Scuola di San Rocco, notava che il pittore aveva illustrato
"ogni avvenimento di consideratione narrato dagl'Evangelisti" (2): Gerusalemme
sullo sfondo, il popolo, i capi dei sacerdoti, gli scribi, i soldati e le pie donne presso
la croce (Fig. 1: Jacopo Tintoretto, La crocifissione,
olio su tela, 536 x 1224 cm, Venezia, Scuola di San Rocco, Sala dell'Albergo, 1565,
particolare). Tra le innumerevoli versioni sul tema,
l'artista ha scelto la più complessa possibile e, vestendo i numerosi personaggi con
abiti all'antica e alla moderna, ha invitato il fedele ad un'intensa e devota meditazione
sul significato, passato e presente, del sacrificio di Cristo. L'ambientazione, incentrata
sul Calvario, immaginato come un'ampia piattaforma lapidea, si collega ad una vecchia
tradizione iconografica, già presente nello scomparto centrale, ora al Louvre, della
predella della pala di San Zeno di Andrea Mantegna. Né va escluso che la grandiosità
della scena derivi dal telero, di tema analogo, realizzato da Alvise Donato per il
refettorio del convento di San Giorgio in Alga. (3)
Tintoretto, da abile regista, ha illustrato al centro del palcoscenico e a ridosso della
platea l'epilogo del dramma: è l'ora sesta, quando la terra viene oscurata dalle tenebre;
la Madre di Dio giace a terra come morta, uno sgherro ripone la spugna con l'aceto; il
figlio dell'Uomo, chinato il capo, rende lo spirito. Improvvisamente dal suo corpo
sprigiona una luce radiante, un nuovo sole, simbolo di vittoria. (4) Ai lati e sullo
sfondo, in uno spazio ottenuto per incroci di diagonali, si raffigura la folla e i
febbrili preparativi degli aguzzini: in posizione arretrata si rimanda dunque al prologo
dell'episodio consumato sul Golgotha.
Albrecht Dürer, verso il 1509, illustrando la croce di Cristo ancora a terra, metteva in
evidenza il momento in cui uno sgherro inchioda la mano del Redentore, mentre un altro
inserviente fora il legno del braccio opposto con un succhiello. (5) (Fig. 2: Albrecht Dürer, La crocifissione di Cristo,
silografia, 127 x 97 mm, 1509 circa. Fig. 3: Anonimo, La crocifissione di Cristo,
silografia, Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia, in Incomencia le divote Meditatione
sopra la passione del nostro signore Jesu Christo ..., Venezia 1531) La scena non è descritta nei vangeli ma, all'epoca, era ricordata
nelle meditazioni sulla passione di Cristo. Tintoretto, che operava subito dopo la
chiusura del concilio tridentino, ha eliminato l'episodio non contemplato dalle Scritture,
tuttavia, per ricordare il terribile dolore sofferto da Gesù ancor prima di essere
innalzato sulla croce, ha illustrato con dovizia di particolari tutte le operazioni
compiute per crocifiggere i due ladroni. L'immaginazione compositiva del pittore, oltre
che da spunti derivanti da altre opere d'arte o da invezioni figurative, trae dunque
sostegno da una fiorente letteratura di origine francescana, nata e sviluppatasi per
guidare i laici nello svolgimento degli esercizi spirituali. In tali componimenti ogni
episodio della vita di Cristo è narrato riassumendo e parafrasando le notizie rinvenibili
nei vangeli. Questo ricco canovaccio veniva poi integrato con meditazioni tratte dai padri
della chiesa o da teologi medievali.
Fra i numerosi componimenti del genere, attribuiti erroneamente a san Bonaventura,
ricavati dagli scritti del minorita Giovanni da Calvoli e, a volte, integrati con i
commenti di Nicolò da Lira, a Venezia ne venne stampato uno sulla passione di Cristo. (6)
Il testo, per le puntuali corrispondenze con i dipinti, sembra essere una delle principali
fonti scritte utilizzate dal pittore per i teleri della Sala dell'Albergo. Nella
trentesima meditazione, dedicata a come misser Iesu fu conficto sopra lo legno dela
croce, si invita il fedele a contemplare "come alcuni apparechiano la croce,
altri li chiodi, altri lo martello, altri fanno el buso nel saxo per ponerli el piede
della croce. Et essendo in breve hora preparato ogni cosa per la grande copia et
velocitade delli operatori [...]". (7) Attorno al ladrone, la cui croce è ancora
distesa a terra, Tintoretto ricorda le operazioni già svolte per crocifiggere il Figlio
di Dio: "contempla con tenereza d'amore, e come quelli sanguinolenti ministri,
havendo tolta la misura della largheza delle braze, et la longheza dal capo infino a li
piedi del tuo benignissimo signore Jesu, per fare li forami nela croce, et vedi come
havendoli facti, prendendo quello innocentissimo agnello Jesu, lo collocareno supino sopra
la croce, la quale iaceva in terra". (8) Nel dipinto, un inserviente alza una gamba
del ladrone mentre un altro gli tira il piede con una corda. Il gesto è ispirato ad una
precedente violenza subita da Cristo: "Et dopo prendendo li piedi furiosamente, et
ligandoli una chorda incominciareno a tirare per farli agiungere al forame che havevano
facto, et con tanta violentia tirareno quelli piedi, che tutte le osse et le iuncture de
quello sacrato corpo uscireno del suo loco [...]". (9) La scena, tra le più toccanti
della Passione, doveva indurre il fedele a comprendere il dolore sofferto da Cristo per la
salvezza dell'umanità ed è illustrata anche in una silografia, pubblicata a Venezia nel
1531. (10) L'immagine è posta a corredo della meditazione dedicata all'acerba
crucifixione del nostro signor Iesu Christo fatta nel monte Calvario.
Un dettaglio del telero della Scuola di San Rocco dimostra inoltre come il pittore abbia
integrato informazioni ricavate dalle due fonti a stampa finora menzionate. Nella
trentesima meditazione si ricorda che, giunti sul Calvario, "poseno lo passionato
Iesu in una carcere, la quale era distante dal loco dove fu ficta la croce forse .xl.
braza, per infino a tanto che fusse preparato ogni cosa". (11) Nella meditatione
edita nel 1531 non si parla del carcere, tuttavia si precisa che, terminati i preparativi,
i "ministri del diavolo preseno Iesu per la catena" e lo transcinarono
"fora della cisterna con grande e molestissimi dolori [...]". (12) Tintoretto
immagina il carcere come l'angusta entrata di una cisterna e proprio nella sua bassa
apertura raffigura i soldati rannicchiati che si giocano ai dadi la sacra tunica sulla
quale siedono irriverentemente.
Nel telero raffigurante Cristo davanti a Pilato si procede sovrapponendo episodi
cronologicamente separati e si perviene ad una singolare interpolazione dei testi
evangelici. Il procuratore romano è colto nell'atto di lavarsi le mani davanti alla
folla, secondo la testimonianza di Matteo. Subito dopo, Gesù, condotto via dal Pretorio,
venne presentato pubblicamente. L'episodio, noto con il nome di Ecce Homo è dipinto
proprio sopra l'ingresso della Sala dell'Albergo. Il Redentore, esausto e martoriato, è
accasciato su una scalinata, proprio sopra la clamide scarlatta con la quale lo avevano
rivestito i soldati, ancor prima della lavanda delle mani. Ma nel dipinto con Cristo
davanti a Pilato, il Figlio di Dio non porta la corona di spine e indossa una candida
veste. Pilato, indeciso sul giudizio, aveva inviato Gesù da Erode Antipa. Questi, dopo
aver schernito il Messia, "lo rivestì -come narra Luca- di una veste bianca e lo
rimandò a Pilato." (13) (Fig. 4: Jacopo
Tintoretto, Cristo davanti a Pilato, olio su tela, 515 x 380 cm, Scuola di San
Rocco, Sala dell'Albergo, 1566-1567)
Nella ventisettesima meditazione si spiega che Erode "reputandolo uno stulto lo
fece vestire de veste bincha". (14) Nella candida veste di Cristo, che tanto ha
affascinato gli esegeti dello stile di Tintoretto, si ricorda la derisione del re di
Galilea ma anche l'innocenza del Redentore, dinanzi alla quale il procuratore romano
stenta ad emettere una sentenza di condanna. Il destino si compie e, secondo Tintoretto,
quando Pilato si lava le mani, il verdetto era già stato proferito. Infatti ai piedi
della scalinata del tribunale è seduto un segretario che ha appena terminato di scrivere
quanto pronunciato dal giudice. L'anziano scrivano è stanco e sulla sua schiena ricurva
sembra pesare la gravità di un'ingiustizia. Nella ventottesima meditazione si racconta
che Pilato "per satisfare al populo lo quale non cessava de gridare, sedendo sopra lo
tribunale, et comandò che Barraba gli fusse lassato, dette la sententia iniustamente
contra el pietoso Iesu, chel fusse crucifixo, secondo la voluntade de iudei. Et
benché neli evangeli non se atrova quale sententia proferisse Pilato, nondimeno
nelo evangelio de Nichodemo se lege come Pilato dette la sententia [...]". (15)
Anche nell'ultimo dei tre teleri che fronteggiano la parete con la Crocifissione l'artista
espone un'originale interpretazione dei vangeli. La salita al Calvario presenta infatti
una particolarità iconografica: la croce che grava sulle spalle di Cristo, oltre che da
Simone di Cirene, è sorretta anche da un'altra persona. (Fig. 5: Jacopo Tintoretto, La salita al Calvario, olio su tela, 515 x 390
cm, Scuola di San Rocco, Sala dell'Albergo, 1566-1567) Nella
meditazione su come misser Iesu portò la croce et come fu conducto al monte Calvario
et de quelle cose gli acadereno nela via, si incita il fedele ad inoltrarsi con la
propria immaginazione lungo la via crucis e a prendere parte attiva fra coloro che formano
il corteo: "Certamente tu faresti ben, anima devota, se tu aiutasti el tuo redentore
a portare la croce, et dicesti a quelli ministri: datemi ve prego la croce del mio signore
et io la portarò volentiera". (16) Nella Sala dell'Albergo la preghiera mentale si
concretizza in immagine esortando il fedele a prendere parte alla salita: il vangelo
diviene sacra rappresentazione e invito a partecipare personalmente alla Passione secondo
le parole ricordate da Matteo: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua". (17) L'appello sembra essere accolto nella
sua più ampia portata tant'è che vengono dipinti persino altri due personaggi che
sorreggono le croci dei ladroni. L'idea di pietas esposta nella Scuola di San Rocco assume
in tal modo un carattere universale e non può che richiamare, in una delle forme più
alte ed eloquenti, il senso religioso e lo spirito caritatevole dei confratelli della
Scuola.
I dipinti per la chiesa di
San Cassiano (é)
Se a San Rocco la meditazione del Tintoretto è
incentrata sugli aspetti corali e spettacolari della Passione, nella Crocifissione di San
Cassiano lo spazio del Calvario si contrae ed è dominato da un profondo silenzio,
interrotto solo dalle azioni di pochi personaggi. Il dipinto, assieme a quello antistante
con La discesa di Cristo al Limbo, esalta la decorazione del presbiterio della chiesa
dominato dalla Resurrezione, già eseguita dall'artista nel 1565. Le due tele laterali
vennero realizzate per la Scuola del Santissimo Sacramento, istituita il 17 giugno 1506
allo scopo di portare la comunione agli infermi e ai moribondi. (18)
Alla confraternita potevano aderire solamente gli abitanti della contrada, la stessa nella
quale era vissuto Tintoretto prima di trasferirsi nella parrocchia di San Marziale. I
mestieri degli aderenti testimoniano la vitalità produttiva della zona e la sua vicinanza
con il mercato di Rialto: boter, taiapiere, barbiere, caliger, tentor, sertore, spader,
caseler, frutarolo, finestrer, biavaruol, simiter, telaruol e forner. Le modeste opere
d'arte commissionate dalla Scuola esaltavano il culto per il corpo e il sangue di Cristo:
un fanale dorato con "in cima uno Christo con el calexe", "davanti l'altar
una tavola depenta cum uno Christo", due libri con la rubrica degli aderenti sui
quali erano raffigurati "Christo passo, l'altro cum el calexe", "uno Cristo
cum doi anzoleti per tignir suso el cancello" per il banco della Scuola, "uno
bello tabernaculo d'arzento indorado;" nella stessa mariegola è raffigurata una
Pietà: dalla figura di Cristo seduto sul sepolcro, allegoria della comunione, zampilla il
sangue che va a riempire due calici d'oro con l'ostia adorata dai confratelli. (19)
Con i due nuovi dipinti commissionati al Tintoretto la devozione della Scuola sorta a San
Cassiano, dagli iniziali temi iconografici di carattere popolare perviene ad una visione
religiosa più profonda e trionfante, ispirata da convinte prese di posizione a favore
della dottrina tridentina. (Fig. 7: Jacopo Tintoretto, La
Crocifissione, olio su tela, 341 x 371 cm, chiesa di San Cassiano, 1568, Cameraphoto
Arte, Venezia) Nella Crocifissione, Gesù, immagine del
giusto sofferente, è in totale solitudine. Il popolo e i conoscenti del Messia assistono
da lontano: l'artista, riflettendo sulle parole di Luca, (20) ha abbassato il punto di
vista e, raffigurando solamente le teste della gente, oltre le quali spuntano le lance e
le picche dei soldati, consente al fedele, che guarda dal basso, di sentirsi dentro la
scena del Calvario. Un uomo in turbante tiene in mano la spugna con la droga per lenire il
dolore, rifiutata da Cristo; i due ladroni sono già crocifissi e il titulus sta per
essere affisso: Tintoretto mostra simultaneamente i tre episodi che anticipano la prima
parola di Gesù in croce e, oscurando il cielo, anticipa l'epilogo del dramma. Il
Redentore, a differenza del telero nella Scuola di San Rocco, non è ancora spirato e il
suo corpo è livido e insanguinato. La luce che si posa sul cattivo ladrone si addolcisce
ed esalta i valori plastici e le proporzioni ideali dello splendido corpo. Ma il volto di
colui che si dannerà in eterno è già immerso inesorabilmente nelle tenebre: la bellezza
classica maschile diventa così simulacro del peccato. (21) Sul terreno giace la tunica di
Cristo, posta in primo piano. Le pie donne non compaiono. Maria, priva di forze, siede in
terra: il pallore del volto fa subito pensare al suo deliquio, caro alla devozione
popolare; anche Giovanni evangelista sembra sorreggerle il capo riverso all'indietro.
Guardando con maggiore attenzione si scopre tuttavia che il pittore cerca nella postura
dei due personaggi un duplice significato: il reciproco dolore -secondo un'iconografia
canonica- ma anche lo svolgersi di un sommesso dialogo. Maria, apparentemente svenuta, si
regge ancora sulla schiena; il movimento della sua testa, abbandonata nella posa tipica di
chi perde i sensi, può essere letto anche come un gesto per ascoltare l'evangelista che
le parla alle spalle. La mano di Giovanni, che pare sorreggere il capo della Madre di Dio,
è in realtà tesa in profondità per bilanciare il trasporto oratorio del personaggio. In
effetti, il figlio spirituale del Signore, anziché esternare il proprio dolore
verso il Padre, alza la mano sinistra come se parlasse in direzione del sacro indumento.
La tunica non è attorniata, come vorrebbe la consuetudine, dai soldati romani. L'invito a
meditare sul suo intrinseco significato è palese: la veste, simbolo di unità, non ha
cuciture poiché, come spiega Giovanni stesso, venne "tessuta tutta d'un pezzo".
(22) A cinque anni dalla chiusura del concilio tridentino, i ceti artigiani di una chiesa
veneziana finanziavano un'opera d'arte nella quale si dichiarava che la Chiesa, nata sul
sangue di Cristo, è una e indivisibile.
Se la Crocifissione rimanda al tema della morte di Cristo per la salvezza dell'umanità,
la Discesa al Limbo esalta la vittoria su Satana che si compie con il trionfo della
Resurrezione. (Fig. 6: Jacopo Tintoretto, Cristo
risorto, san Cassiano e santa Cecilia, olio su tela, 450 x 225 cm, Venezia, chiesa di
San Cassiano, 1565, Cameraphoto Arte, Venezia) La
raffigurazione della Discesa è inconsueta. La Chiesa Orientale tace sulla Resurrezione (Anastasis),
in quanto non descritta direttamente dai vangeli; raffigura la festa della Pasqua con la
Discesa di Gesù negli Inferi, in quanto preludio alla sua Risalita, e interpreta il
termine "pascha" nel senso teologico di "passaggio". Tali significati
permangono nell'iconografia occidentale che, tuttavia, a partire dal medioevo, assegna un
ruolo centrale a nuove immagini che ritraggono il Risorto in piedi o sospeso sopra il
sepolcro. (23) Nella meditazione dedicata a come l'anima de misser Iesu discese al
limbo, si spiega che, sopra l'inferno, si trova "lo limbo di puti, li quali
moreno senza baptismo, nel quale è pena del danno, ma non sensibile. Sopra questo è lo
purgatorio, nel quale è pena sensibile, et del danno infino ad uno certo tempo. L'altro
loco più de sopra è lo limbo di sancti padri, nel quale era pena del danno, ma non
sensibile. Et a questo loco descendette Christo, non di meno la virtude sua fu diffusa in
tutto lo inferno. Et è da credere che tutti li suoi membri li quali erano nel purgatorio
fureno liberati". (24) La meditazione sulla Discesa lascia chiaramente intendere che
la liberazione dei Padri dal Limbo presuppone anche l'esistenza del Purgatorio. La
riproposizione del tema, unita alla lettura filo-tridentina della vicina Crocifissione,
lascia pensare che con la Discesa, oltre ai riferimenti sulla divinità di Cristo e sul
tempo pasquale, la Scuola del Santissimo Sacramento di San Cassiano abbia voluto ribadire
la propria fede nel Purgatorio e nelle opere di carità. La congettura troverebbe una
conferma proprio nei ritratti dei confratelli che, come fossero dei giusti, sono stati
inseriti proprio in questo dipinto, nell'atto di contemplare il Redentore che abbatte le
porte dell'Inferno. Nella sessione XXV del concilio di Trento, svoltasi il 3 e il 4
dicembre 1563, si proclamava che "questo concilio ecumenico, ha insegnato che il
purgatorio esiste e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei
fedeli e soprattutto col santo sacrificio dell'altare [...] i vescovi avranno cura che i
suffragi dei fedeli viventi e cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine e
altre opere di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per altri fedeli defunti,
avvengano con pietà e devozione secondo le istituzioni della chiesa." (25) (Fig. 8: Jacopo Tintoretto, La discesa di Cristo al Limbo,
olio su tela, 342 x 373 cm, chiesa di San Cassiano, 1568, Cameraphoto Arte, Venezia) Il dipinto presenta inoltre una singolare iconografia. Nella
versione del Tintoretto manca il buon ladrone riconoscibile dalla croce e i progenitori,
raffigurati solitamente come vegliardi, appaiono nella loro originaria giovinezza. (26)
Adamo, secondo il racconto apocrifo rinvenibile nel Vangelo di Nicodemo, è il primo ad
uscire ma nel dipinto l'attenzione si sposta su Eva il cui corpo ignudo, investito dalla
radiosità di Cristo, si staglia contro le tenebre. In ossequio al decoro prescritto per
le pitture di carattere sacro, le parti più intime della figura sono velate da
provvidenziali nuvolette ma il seno della madre di tutti i viventi rimane interamente
scoperto. L'accorgimento non era nuovo, come dimostra un'incisione realizzata da Dürer
nel 1512. (27) Un esame ravvicinato della tela di San Cassiano consente infine di rilevare
un significativo ripensamento dell'artista. La mano destra di Eva, anziché coprire
il pube, si allargava -in simmetria con la sinistra- protendendosi e sovrapponendosi
indecorosamente sulla coscia di Adamo. L'attuale gesto di pudicizia era senz'altro
confacente alla morale dell'epoca ma la presenza della terza mano, non cancellata dal
pittore e ancora visibile dietro una nuvoletta, testimonia un atto di insolita quanto
significativa irriverenza popolana da parte del Tintoretto. Nonostante tutto, Eva, causa
prima del peccato originale, riacquista la propria giovinezza primordiale: la ritrovata
bellezza femminile, metafora della nuova vita portata da Cristo, si contrappone a quella
maschile e decaduta del cattivo ladrone. Per i confratelli, che non potevano scorgere la
mano nascosta, nello splendore della prima donna non si poteva che ammirare il fulgido
emblema della rinascita cristiana.
NOTE (é)
1. R. PALLUCCHINI - P. ROSSI, Tintoretto. Le opere sacre
e profane, Milano 1982, 2 voll.; A. MANNO, Tintoretto: sacre rappresentazioni nelle
chiese di Venezia, Venezia 1994, 2 voll. pubblicati in occasione della mostra promossa
dalla Curia patriarcale.
2. C. RIDOLFI, Vite dei Tintoretto ... [1648],
Venezia 1994, pp. 33-36. Si veda anche G. ROMANELLI, Tintoretto. La Scuola Grande di
San Rocco, Milano 1994.
3. Le scuole di Venezia, a cura di T. PIGNATTI,
Milano 1981, pp. 142-143. Tintoretto, come ricorda Ridolfi, era spiritualmente legato ai
canonici di San Giorgio in Alga per i quali aveva già realizzato, nella chiesa della
Madonna dell'Orto, i dipinti per l'organo e per il presbiterio.
4. La figura di Cristo come nuovo sole di giustizia è
presente anche nella Crocifissione della chiesa di Santa Maria del Rosario, vulgo
Gesuati, datata 1563-1565.
5. The illustrated Bartsch. Sixteenth Century German
Artists. Albrecht Dürer, edited by Walter L. Strauss, I, New York 1981, p. 134.
6. ANONIMO, Meditatione dela vita et passione del nostro
Signore Misser Iesu Christo ..., Venezia, s.t., s.a. (ma 1500 circa).
7. Ivi, cap. 30, coll. 2-3.
8. Ivi, col. 4.
9. Ivi, col. 6.
10. Incomencia le divote Meditatione sopra la passione
del nostro signore Jesu Christo ..., Venezia, Ioanne Tacuino da Trino, 15 giugno 1531.
Il testo, in versione ridotta e con alcune varianti rispetto alla Meditatione già
citata, inizia con la resurrezione di Lazzaro e termina con il compianto di Maria ai piedi
della croce e il cielo che si oscura. La Meditatione edita attorno al 1500, prima
di descrivere la vita di Gesù a partire dall'infanzia, inizia con la nascita di Maria
Vergine e termina con la sua assunzione in cielo.
11. Meditatione dela vita, op. cit., col. 2.
12. Incominciano le devote meditatione, op. cit., c.
32 v.
13. Il passo della Vulgata così recita: "Sprevit
autem illum Herodes cum exercitu suo et inlusit indutum veste alba et remisit ad
Pilatum" (Lc 23, 11, corsivo nostro). L'aggettivo splendida, con riferimento
alla veste, spesso riportato nelle versioni più recenti della Bibbia non può dunque
essere accolto.
14. Meditatione dela vita, op. cit., cap. 27, col.
10.
15. Ivi, cap. 28, col. 13.
16. Ivi, cap. 29, col. 4.
17. Mt 16, 24.
18. ... maregola dela scuola de lo glorioso corpo de
Cristo principiata in la giexia de sancto Chasano per salute de le anime nostre, Museo
Correr, Biblioteca, Mariegole 203; si veda anche P. HILL, Piety and patronage in
Cinquecento Venice: Tintoretto and the Scuole del Sacramento, in "Art
History", 6 (1983), pp. 30,43.
19. ... maregola dela scuola, op. cit., cc. 3 r.-4
v.
20. Lc 23, 35 e 49.
21. L'espediente del cattivo ladrone con il volto in ombra
non è nuovo; si riscontra, ad esempio, in un'incisione di Antonio Salamanca, datata 1541,
riprodotta in The illustrated Bartsch. Italian Masters of the Sixteenth Century,
edited by Suzanne Boorsch and John Spike, XXVIII, New York 1985, p. 25.
22. Gv 19, 23.
23. A Venezia, il tema della Resurrezione e quello della
Discesa al Limbo sono affiancati nella tomba quattrocentesca del Beato Pacifico, situata
nella chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari.
24. Meditatione dela vita, op. cit., cap. 35, coll.
2-3.
25. Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G.
ALBERIGO e altri, Bologna 1991, p. 774; sul tema del Purgatorio, gi
affrontato dal
concilio nel 1547 per condannare la dottrina protestante della giustificazione per sola
fede, cfr. p. 681, par. 30.
26. Una versione con Adamo ed Eva giovani si trova in
un'incisione del 1541, firmata Tomasius Barlachis, riprodotta in The illustrated
Bartsch. Italian Masters of the Sixteenth Century, op. cit., p. 265.
27. The illustrated Bartsch ... Dürer, op. cit.,
II, pp. 53-55.
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