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Articoli e Saggi

L'Annunciazione nella luce del Tiziano

di ANTONIO MANNO

in "Gente Veneta", 22 (1995), n. 11, p. 11.

 
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Una colomba che precipita dall'azzurro di un cielo rarefatto e plana, tra grumi di angeli galleggianti, avvolta in un candore abbacinante; le nuvole sullo sfondo, ravvivate da liquide e rubre pennellate, che s'impregnano di arida polvere; un'impalpabile lama di luce naturale che attraversa diagonalmente la scena, sfiorando ombre ovattate per poi arretrare ed annullarsi al cospetto di un misterioso bagliore notturno, emanante da un metafisico mazzo di fiori. Nell'Annunciazione della chiesa veneziana di San Salvador, Tiziano ha svolto, nel pieno rispetto della sacralità del tema, una delle sue più alte meditazioni sulla luce e sul colore. Nel 1559, i canonici agostiniani cedevano ad Antonio Cornovì della Vecchia, appartenente ad una famiglia di mercanti anconetani trasferitasi a Venezia, la cappella di Sant'Agostino quale sacrario familiare. Il soggetto dell'annuncio a Maria era frequente nel culto dei morti in quanto l'incarnazione del Figlio di Dio dischiude al credente le porte della vita eterna.

La rappresentazione offerta da Tiziano introduce singolari novità iconografiche grazie alle quali si approfondisce la meditazione sul mistero dell'evento. L'arcangelo Gabriele entra da sinistra. Dalla stessa direzione proviene la calda luce che si adagia sulla figura di Maria. Non è azzardato ritenere che tale fonte di illuminazione, apparentemente naturale, sia da intendersi come una manifestazione divina. Colpisce l'immagine possente di Gabriele, non certo ispirata ai consueti moduli della statuaria antica: il capo sferico e paffuto poggia su un collo taurino; le dita, esageratamente affusolate, si accompagnano a due braccia ciclopiche; le cosce taurine poggiano su agili caviglie. È probabile che l'artista abbia voluto unire l'idea della forza con quella della grazia per ricordare le due qualità del messaggero celeste, disceso da altezze siderali per recare un annuncio di divino amore. Ma l'esito non è dei più felici. Eppure tali considerazioni passano in second'ordine dinanzi alle vibrazioni cromatiche che avvolgono l'angelo in un'aura di indescrivibile magia. Le penne nero-bruno sono ammorbidite da un piumaggio umido, ravvivato da irregolari colate di densa biacca. La lunga veste serica, priva di colore proprio, si impregna, in un'incantevole combinazione, dei rossi bagliori all'orizzonte e dei grigi e cerulei riflessi provenienti dalle scanaluture del colonnato retrostante. Gabriele è colto in due momenti diversi: quello del volo che sta per concludersi, con le ali ancora aperte e i capelli bagnati, sollevati in aria; e quello dell'adorazione, con le braccia in croce e conserte sul petto. Gli angeli, creature del cielo, sono esseri di luce in adorazione della Madre di Dio, come attesta anche l'altra figura che, a testa china, staziona proprio sopra Maria e, nel sfidare le leggi della gravità, sfoggia i propri calzari mercuriali. Nella sua tunica vellutata, lucida e agitata dal caldo vento dello Spirito Santo, riverberano la levità del cielo - che da azzurro si muta in giallo e poi in rosa - e la concretezza della terra, ammantata di rosso, bruno e pece.

Maria viene sorpresa ancora intenta nella lettura. Ha appena socchiuso il libro e tiene ancora l'indice tra le pagine nelle quali si legge la parola "signum". Il termine non può che evocare la profezia contenuta in Isaia (7, 14): "Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele". Fu la svedese santa Brigida - le cui rivelazioni, assai diffuse nel medioevo, vennero date alle stampe a Norimberga, nel 1517, e a Roma, nel 1556 - a ricordare che, durante una delle sue mistiche visioni, la Madonna spesso si dilettava nel meditare sul testo di Isaia. Maria non è ritratta in alcuna delle sue pose consuete. Il suo volto non esprime sorpresa o conturbazione, non è interrogativo, né si predispone al raccoglimento prima del commiato finale. Il vangelo di Luca sembra cedere il passo a un'altra fonte. La giovane sposa di Giuseppe, che non conosce uomo, sta sollevando il velo per scoprire il proprio orecchio. Alle sue spalle si intravede il talamus, simbolo dell'unione con l'Altissimo. Il gesto, soave come miele, indica il momento che precede l'accettazione. L'incarnazione avviene grazie alla Parola, trasportata da una tiepida brezza: Gabriele dischiude le labbra e la sua tunica si gonfia d'aria all'altezza della spalla. Il Tiziano si fa interprete di una tradizione antichissima, forse risalente al VI secolo. Nel Vangelo dell'infanzia armeno si narra che mentre la Vergine accettava umilmente la volontà del Cielo "il Verbo di Dio penetrò in lei, passando per il suo orecchio. La natura intima del suo corpo animato fu santificata con tutt'i suoi sensi e le sue membra. Ella era cosl purificata come l'oro nel fuoco. Divenne tempio santo, immacolato e la dimora della divinità".
Di fianco all'inginocchiatoio, posata sul pavimento, compare una brocca di vetro piena d'acqua, allegoria di Maria quale vaso eletto, fecondato dalla luce del Signore. Il recipiente non contiene gigli o rami d'ulivo, ma fiori mai visti in qualsivoglia orto botanico. La loro corolla è tagliente ed ossidata, come quella di un candelabro in ferro battuto. Anzichè pistilli, spuntano vivide fiammelle giallo-arancio. L'iscrizione, leggibile lungo lo scalino sottostante, aiuta a decifrare l'enigma: "Ignis ardens non comburens". L'evocazione della fiamma nel roveto, contemplata da Mosè sul monte Oreb, rinvia al mistero dell'incarnazione: "il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava" (Esodo 3,2). Il paragone ricorre anche nell'apocrifo vangelo armeno ed è stato ricavato presumibilmente dall'Officium Beatae Mariae Virginis. Tuttavia è impossibile stabilire le fonti esatte che hanno ispirato Tiziano. L'artista, come i suoi contemporanei, condensa nell'Annunciazione conoscenze diffuse e vi apporta toccanti approfondimenti personali. L'atmosfera, tutta incentrata sulla luce, potrebbe derivare dalla lettura di quanto Pietro Aretino scriveva nella Vita di Maria Vergine, edita a Venezia nel 1552. In quelle pagine, infatti, come in Tiziano, subito dopo l'accettazione da parte della Madonna, il sole tramonta ed il cielo si tinge di rosso sangue.

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