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LA DEVOZIONE PRIVATA VENEZIANA NELLE SACRE CONVERSAZIONI DI VINCENZO CATENA

di ANTONIO MANNO

(Atti della Giornata di Studio su Vincenzo Catena, promossa da "Studi giorgioneschi" e dal Circolo di Cultura dell'Ateneo Veneto, 27 Novembre 1998, Ateneo Veneto, Venezia)

Il tema della Sacra Conversazione, esaminato nei suoi aspetti iconografici portanti e nelle affinità con altri soggetti sacri, consente di leggere l'opera del Catena quale espressione figurata della predicazione degli ordini minori e della devozione privata veneziana agli inizi del Cinquecento e permette di cogliere i legami fra gli esercizi spirituali, la pittura e la manualistica sulla preghiera mentale divulgata da autori come Nicolò da Osimo e Roberto Caracciolo.

 
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Un "genio nobile nella pittura" 1 e artista dalla "tenace intonazione arcaicheggiante" 2. Fra queste due frasi di di segno opposto sono oscillati i giudizi avanzati fino ad oggi su Vincenzo Catena. La prima, formulata da Carlo Ridolfi nel 1648, rende merito ad un artista ben voluto a Venezia che, grazie ai suoi lasciti, consentì alla corporazione dei pittori di erigere una propria sede autonoma 3. Poche righe più avanti, l'autore delle Maraviglie dell'arte ricorda tuttavia che Vincenzo fu emulo del Giorgione, "ma non lo superò già nella maestria, benché egli usasse ogni diligenza e buon colorito nelle sue pitture" 4. La seconda frase, formulata dal Pignatti, sia pure con raffinate e accademiche espressioni, è più graffiante e confina il Catena nel girone dei minori 5. Sfogliando l'unico catalogo esistente, aggiornato con poche altre opere, è difficile scostarsi da tali conclusioni, almeno se si esaminano i lavori giovanili. Eppure, le scarne notizie biografiche su Vincenzo di Biagio Catena (1470 circa - 1531) lasciano pensare ad un pittore affermato, ben inserito nell'ambiente lagunare e in quello di Terraferma, come risulta dalle ricerche del Robertson: collega del Giorgione, testimone di nozze della figlia di Sebastiano del Piombo; noto e apprezzato ritrattista: a lui si rivolsero il doge Leonardo Loredan, Giangiorgio Trissino e, forse, il doge Andrea Gritti. Conosciuto e apprezzato da raffinati umanisti quali Pietro Bembo, Pietro Lippomano -vescovo di Bergamo- e Battista Egnazio, che ne fu esecutore testamentario. Non si può certo parlare di una figura di spicco anche se le sue "molte ricchezze" 6 lasciano presumere un evidente successo fra i contemporanei. Inoltre, considerando che fra le sue opere sono stati annoverati alcuni capolavori, non si capisce come, a tutt'oggi, non sia stata manifestata alcuna seria perplessità fra gli esperti di pittura veneziana, sia sul piano delle attribuzioni che su quello cronologico 7.

Lo scopo di questa comunicazione non è quello di addentrarsi di nuovo su questioni di ordine stilistico quanto - partendo da una frase lapidaria del Pignatti, che reputava il nostro pittore "chiuso nella ripetizione monotona delle conversazioni belliniane" 8 - rileggere l'opera del Catena quale espressione della devozione privata veneziana agli inizi del Cinquecento. Il catalogo del nostro artista, costituito in gran parte da dipinti raffiguranti Sacre conversazioni, fa pensare ad una bottega specializzata in un unico genere, ma le vicende biografiche, gli introiti realizzati e alcune tele di tutt'altro soggetto lasciano presupporre un repertorio ben più vasto, sia pure sconosciuto. Ad un primo esame, le conversazioni del Catena non appaiono affatto monotone e, anche se ripropongono schemi compositivi di altri maestri, testimoniano, per le loro ridotte dimensioni, la notevole diffusione del tema fra la committenza privata veneziana. Un fenomeno, quest'ultimo, riscontrabile in numerosi altri artisti dell'epoca e che andrebbe inquadrato nel vasto filone della pittura devozionale sviluppatasi in Europa a partire dal XIV secolo in ambiente borghese, grazie soprattutto alla predicazione francescana e domenicana, ben radicata anche a Venezia 9.

Il tema della Sacra conversazione non ha un riscontro diretto e univoco nei testi sacri, nei commenti patristici, nella letteratura mariana o nella liturgia. Inoltre, la presenza santi, raffigurati al cospetto di Maria e del proprio figlio, testimonia l'intento di pervenire ad una rappresentazione simultanea di momenti temporali diversi, successivi alla nascita di Gesù e a essa orientati, in una sorta di teleologia figurata. I santi, quali imitatori di Cristo, indicano al fedele la via della salvezza situata, di norma, al centro della tela. Il tema, senz'altro uno dei più ricchi per il numero di varianti, di personaggi e di ambientazioni, è fra i più insidiosi per chi si occupa di iconologia. La sua complessità e articolazione, che può rimandare alle fonti scritte più disparate, richiede estrema cautela nella ricerca dei nessi fra figure e testi per non cadere in facili quanto arbitrarie associazioni e interpretazioni. La fortuna riscossa dal soggetto nell'ambito della committenza privata, come pure in quella pubblica e ecclesiastica, oltre alla predicazione degli ordini minori che tanto hanno contribuito al culto mariano, è dovuta anche a altre ragioni. Le figure centrali della Madonna con il Bambino richiamano, sia pure rinnovate nello stile, le antiche icone bizantine la cui venerazione, a Venezia e altrove, era assai diffusa fra l'aristocrazia, oltre che nella popolazione. I domenicani di San Zanipolo, sede della cappella della Madonna della Pace 10, furono fra i più assidui cultori di tale pratica devozionale, presente in tutte le chiese veneziane e, non da ultima, nella basilica dogale, nella quale tuttora si conserva la Madonna Nicopeia. Il valore sacramentale conferito all'icona - si ricordi la vicinanza di Venezia agli usi liturgici ortodossi -, la diffusa convinzione che le immagini della Madre di Dio fossero miracolose, assieme al culto dei santi - coltivato quotidianamente non solo nelle chiese ma in centinaia di confraternite locali - hanno fatto della Sacra conversazione un'immagine capace di esprimere le aspettative religiose e estetiche dell'intera popolazione lagunare, dando luogo ad una vera e propria rappresentazione universale del messaggio cristiano di salvezza. Sia in raffigurazioni auliche, quali la Pala di San Giobbe del Bellini, che in altre più dimesse e anonime, intrise di pietismo popolare, l'ambientazione e lo scopo sono sempre gli stessi: il luogo - sia esso il tendone delle Maestà medievali o le architetture ideali del rinascimento, dominate dal trono divino, come pure il sacro recinto o muretto dietro il quale si dispiega la natura quale allegoria della Terra Promessa - è sempre il Paradiso, descritto come Palazzo di Dio o come Eden originario. Santi e committenti, più che conversare - come vorrebbe l'intitolazione ormai entrata nelle consuetudini museali -, pregano o, come suggerisce il loro sguardo rivolto verso l'infinito, meditano sul mistero di Cristo. Più che al dialogo verbale, il tema esorta all'orazione e alla meditazione in silenzio. L'incitazione alla preghiera orale, come pure al canto e allo studio ad alta voce, riscontrabile dalle labbra socchiuse dei presenti o dalla comparsa di spartiti o libri aperti, non mancano, ma lo scopo più diffuso è quello dell'esortazione alla preghiera mentale, che sgorga dall'incontro fra cuore e mente.

Nelle prime opere del Catena, l'invito al canto viene dallo stesso Bambino le cui braccia, nell'atto tipico dell'umiliazione, e i cui occhi, rivolti verso l'alto, invitano il fedele a rendere omaggio al Padre che sta nei cieli 11 (fig.). L'unico personaggio intento nel parlare è Giovanni Battista, vox clamantis, che annuncia l'Agnus Dei 12. Fra i santi intenti nella orazione mentale si può annoverare un'elegante e sensuale Irene da Roma, riconoscibile dal serto di ulivo in capo (fig.). Le labbra della donna sono sigillate nel silenzio e il seno è coperto da un velo trasparente 13. Il suo nome, in greco, significa pace. La santa, che non è mai stata canonizzata, era nota per aver curato le ferite di san Sebastiano. Considerando l'associazione con la figura della Maddalena, non è da escludere che il dipinto possa essere stato commissionato da una confraternita o da un privato particolarmente attivi nell'assistenza ospedaliera.

Nicolò da Osimo, nel suo Zardino de oration, stampato a Venezia nel 1494 e scritto per chi non conosceva il  latino, "aciò queste anime idiote  e simplice  possano  avere  intendimento  di questa oratione et in essa exercitarsi", così si esprimeva sul valore della preghiera: "Ma  sopra  tutte  le altre  virtude  singulare e specialissima è la virtù dela oratione,  perho che essa è quella che fa parlar  l'anima  con  Dio 14.  Unde  oratione  è  dicta una intentione di mente verso Dio  per  pietoso  et  umile affecto. Questa sola è quella che fa più unire l'anima con Dio". Anche se non è possibile dimostrare la filiazione diretta fra Nicolò da Osimo e il Catena, si può sostenere che il libello divulgativo esprimeva un sentimento diffuso a Venezia e riscontrabile anche nella precettistica dell'epoca, edita sia in latino che in volgare. L'orazione "di mente" consente all'anima di unirsi a Dio. Di qui la pratica diffusa degli esercizi spirituali e dell'insegnamento di una modalità della preghiera tesa ad orientare ed educare la facoltà immaginativa del fedele verso la visualizzazione di immagini sulla vita e la passione di Cristo 15. Il Catena, come tanti altri artisti veneziani dell'epoca, sembra cogliere pienamente i legami fra preghiera mentale e pittura. In alcune Conversazioni, il committente, anziché volgere il proprio sguardo verso la Madonna o il Bambino, guarda davanti a sé, nell'atto tipico di chi è assorto nei propri pensieri 16 (fig.). La sua postura, genuflessa e orante, fa ritenere che sia intento a visualizzare il proprio incontro con la madre di Dio e i santi. In una simile prospettiva, il dipinto - rivelandoci un'immagine pensata - rende l'osservatore partecipe di una preghiera individuale. La diversità fra astanti e committente è accentuata dalla raffigurazione di profilo mentre tutti gli altri personaggi vengono ritratti di scorcio. L'espediente, nel quale si ravvisa ancora la predilezione umanistica per la medaglistica antica, contribuisce ad appiattire, e dunque umiliare, il committente e, per contrasto, a esaltare e rendere più tangibili e presenti i membri della corte celeste 17 (fig.). Né mancano i casi in cui il committente, alzando lo sguardo verso il Bambino o entrando a far parte della scena, dichiara la propria aspirazione al Paradiso. Il dipinto stesso e la sua contemplazione, prefigurando l'evento, agisce da potente talismano, aumentando le possibilità del suo accadimento e innalzando comunque il prestigio, in terra, del committente raffigurato. In una delle sue opere, il Catena sembra persino illustrare l'esito indotto da tali diversi atteggiamenti religiosi. Nella Madonna Pospisil, il committente, che si limita ad inginocchiarsi e ardisce ad uno sguardo diretto verso il sacro, riceve in cambio l'attenzione compassata del Bambino mentre il giovane orante, con gli occhi abbassati, gode dell'alto privilegio di una benedizione mariana, conferita mediante l'imposizione della mano sul capo 18 (fig.).  Umiltà e preghiera mentale si rivelano dunque come le chiavi principali per accedere alla salvezza.

La fortuna delle Conversazioni nella devozione privata è dovuta al fatto che la sua icona centrale - la Madonna con il Bambino - è presente anche in altri soggetti quali la Natività e l'Adorazione dei pastori o dei magi. Tale prossimità iconografica ha consentito la produzione di più tipologie grazie alle quali il tema originario è stato arricchito con numerose sfumature di significati. Né mancano contaminazioni fra il tema della Conversazione e quello della Sacra Famiglia. Nella Sacra Famiglia con san Giorgio, accanto a Maria, Giuseppe e il Bambino, compare una figura maschile in armatura, assimilabile a un santo guerriero. Lo sguardo vigile e i lineamenti del volto non idealizzati, fanno pensare a un probabile committente, colto nel ruolo di difensore della fede 19. In un altro dipinto, ad accostarsi alla Sacra Famiglia è una giovane che tiene in mano un cartiglio con il nome dell'artista 20 (fig.). Deve trattarsi sicuramente di una santa che intercede per il pittore, tuttavia la mancanza dell'aureola, come pure la replica del medesimo volto in un'altra opera 21, fanno pensare ad una donna di casa Catena, le cui virtù religiose consentono al pittore di raffigurarla come avvocata della propria casa.

La possibilità di contaminare la Conversazione con l'Adorazione ha senz'altro consentito l'enorme diffusione del tema. I santi al cospetto della madre di Dio, come pure gli eventuali committenti, oltre ad anticipare al fedele la visione dell'Eden, gli consentono - invitandolo ad imitare il loro atto di fede - di partecipare alla venuta del Redentore, al pari degli angeli, dei semplici e umili pastori o dei saggi e ricchi magi. L'andata a Betlemme, sia pure immaginata, è una tappa obbligata del cammino verso la salvezza poiché, in tale occasione, si rende omaggio al Re dei re. In un testo anonimo, di ambito francescano e diffusissimo a Venezia, intitolato Meditazione dela vita et passione del nostro Signore, uscito nell'anno 1500 circa, a proposito della Natività, si esorta il fedele a comportarsi umilmente come i pastori: "Delectati anchora tu o anima devota de queste cose: et va al presepio, et genuflexa avanti lo signor del cielo et de la terra, adora lo tuo dio, et la matre sua, et con ogni reverentia et timore basa li piedi al fanciullo Iesu (…)" 22. Scopo del fedele sarà quello di convincere la Madonna a porgergli il figlio e, una volta ricevutolo tra le braccia, "guardandolo diligentemente in facia, et con ogni reverentia lo basi, et alegrati, et delectati de lui, et con lui demorare" 23. Secondo fra Roberto  Caracciolo, autore dello Spechio della fede hystoriado, la  natività di Cristo "deve sonare con molta alegreza al core di  tutti mortali", poiché la sua venuta apre le porte del Paradiso: "Quale cosa ancora era  più necessaria  ad  ogniuno  el  quale  vuole  acquistare el Paradiso che la venuta di Christo in carne (...) .24 La natività presuppone la contemplazione di tre misteri: umiltà, povertà, iocundità. Umiltà: perché Cristo "volse nascere piccolino como è li altri infanti secondo havea profetato Isaya al nono capitulo el quale disse: Parvuls natus est nobis. È nato a noi il piccolino (...)". Secondo san Bonaventura, fra le ragioni dell'incarnazione, va annoverata quella "per confirmatione della fede per monstrare che hebe vera carne e non fantastica" 25. Caracciolo spiega poi il vagito del Bambino nella greppia come altro segno di umiltà. Povertà: nato nudo, senza l'aiuto di famigli o fantesche. Incarnandosi, Cristo nacque in povertà "per monstrare quanto è preciosa siando da lui tanto estimata" 26. La povertà si evince anche dal paese, dal luogo e dal tempo (inverno) in cui è nato. Iocundità: della Vergine, degli angeli, dell'umanità: è venuto per redimere tutti; come disse san Leone Papa in una sua omelia: "Alegrasi el sancto, perché è vicino alla palma, goda el peccatore perché è invitato alla venia. Piglia animo lo gentile perché è chiamato alla vita. Rendemoli tutti laude et gloria con summa spirituale alegreza a quello che tanto ni ha amati che volse, in forma di servo, nascere vero homo" 27.

Se il Bambino è la promessa incarnata della futura salvezza, il Battesimo - che lava dai peccati- è passaggio imprescindibile per giungere alla Terra Promessa. Di qui la diffusa presenza, nelle Conversazioni o nei temi affini, della figura del Battista. Nella tela delle Gallerie dell'Accademia, a Venezia, san Giovanni prende le veci di Giuseppe 28. Nella già menzionata Madonna Pospisil, il personaggio, ponendo la mano sulla spalla di uno dei due committenti, ricopre il ruolo di santo eponimo 29. Nel dipinto del Museo Correr, il predicatore del deserto, colto nell'atto tipico della deferenza verso Gesù prima del battesimo, sembra accennare un inchino verso san Marco e la Repubblica di Venezia, impersonata dal doge Leonardo Loredan 30. In un'altra opera, ancora Bambino, egli rende omaggio, come ogni fedele, al Dio incarnato 31. Nella tela conservata nell'Hermitage, anziché indicare Gesù, punta il suo indice verso la croce, rammentando al fedele la via della Passione e consentendo di leggere il Bambino dormiente, che giace sulle ginocchia della madre, come una prefigurazione della morte del Redentore 32 (fig.).

Se nella Conversazione la Madonna è da considerarsi quale somma apportatrice di grazie in quanto diretto intercessore del Figlio - come insegnano il miracolo di Cana e la Deesis -, anche la presenza dei santi riveste un ruolo centrale nel tragitto di qualsiasi istanza diretta a Dio. Gli imitatori di Cristo, eletti per eccellenza, ricoprono la carica di avvocati presso Maria, simbolo della Chiesa. Ma il loro ruolo non può essere ridotto a semplice titolarità di un privato, di una confraternita o di una chiesa. Gli stessi atti di deferenza compiuti dal Precursore spiegano e anticipano le azioni dei santi al cospetto del Bambino. Quest'ultimo, segno incarnato e tangibile della promessa di redenzione, è adorato in quanto garanzia della giustezza di ogni martirio in suo nome. La Sacra conversazione - che ormai sarebbe più corretto definire come Sacra contemplazione - prefigura al fedele le indicibili delizie del Paradiso e consente di gustare la somma bellezza dei suoi abitanti.

Nicolò da Osimo, sempre nel suo libro sull'orazione, ricordava che i santi, una volta ricongiunti ai propri corpi, nel momento della glorificazione, godono di dodici prerogative  e privilegi: Clarità, Subtilità,  Impassibilità, Agilità,  Formosità odornante, Etade conformante, Sensualità iocundante, Sanità fortificante, Gentilecia sublimata,  Richecia  exterminata, Dolcecia dilatata, Longecia perpetuata. Fra le prime quattro, definite anche come "doti del corpo glorioso", grazie alla Clarità - una volta congiunte le anime ai corpi,  portati nell'Empireo cristallino -   i santi   "saranno belli lucidi, chiari e risplendenti, chome el sole (…). E  tutti non haveranno  uno medesimo colore. Ma  ciascuno   haverà  colore proportionato  a la sua complectione, e secundo li meriti sui." Ciascun  santo illuminerà con  i suoi raggi  l'intero Paradiso. I martiri avranno le cicatrici delle torture o decapitazioni subite, ma non ne saranno abbruttiti poiché quelle saranno insegne della loro gloria. I santi, dal "formoso corpo", saranno campioni di bellezza e privi di deformità: "come è li capelli biondi e risplendenti,  la fronte piana e larga senza ruga alcuna,  li otchi nigri risplendenti,  labri sotili et naso mediocre, oretchie picole et cossì tutti quelli  membri che sono belli e che fanno il corpo bello  e formoso tutti li seranno. Et si seranno simili al corpo de Christo nel quale non è  macula né difecto alcuno ..." .33

 

 

Note

 

1. C. RIDOLFI, Le maraviglie dell'arte …, Roma 1965 (ristampa anastatica della ed. a cura di F. von HADELN, Berlino 1914-24), I, p. 82.

2. T. PIGNATTI, Vincenzo Catena, in "Arte Veneta" (1955), p. 232.

3. E. FAVARO, L'arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 107 e pp. 110-12; A. MANNO, I mestieri di Venezia, Cittadella (PD) 1995, pp. 84-5.

4. RIDOLFI, op. cit., I, p. 82.

5. PIGNATTI, op. cit. L'autore, nella recensione alla monografia del Robertson (si veda la nota n. 7), usa anche altre espressioni sul Catena: stancamente bloccato negli schemi plastici vivarineschi; poco più che insensibile alla luce del Giorgione; ascendente palmesco.

6. RIDOLFI, op. cit., p. 82. Catena realizzò anche una silografia per il manuale di Ludovico Follani, Musica theorica, Venezia 1529, come si ricorda in A. ROSENAUER, Vincenzo Catena: Eine Musikerdarstellung von 1529, in "Artibus et Historiae", (1980), n. 2, pp. 29-41. Un'incisione inedita raffigurante il ritratto dell'artista e accompagnata da un titulus in caratteri goticheggianti - "Vincentius Catena P." - è conservata nella Biblioteca del Museo Correr di Venezia (St. P.D. n. 6653).

7. Mi riferisco ad opere come l'Adorazione dei pastori (fig.) e alla Sacra famiglia con guerriero in adorazione (fig.), collocate rispettivamente - secondo le informazioni del Robertson - nella Collezione privata Contini-Bonacossi e nella National Gallery di Londra; G. ROBERTSON, Vincenzo Catena, Edinburgo 1954, cat. nn. 36 e 48, d'ora in poi = ROBERTSON. Si vedano anche G. GAMULIN, Due dipinti ignoti o poco conosciuti, in "Arte Veneta", 10 (1956), pp. 65-70; G. MARIACHER, Il restauro della Madonna del Catena, in "Bollettino dei Musei Civici Veneziani", 1957, nn. 1-2, pp. 55-58; G. CREIGHTON, A Drawing by Catena, in "The Burlington Magazine", 98 (1956), n. 643, p. 373; H. B. TEILMAN, An Italian Renaissance Portrait, in "Carnegie Magazine", 50/9 (1976), pp. 406-7; A. TEMPESTINI, Marco Bello tra Giovanni Bellini e Vincenzo Catena, in Scritti di storia dell'arte in onore di Federico Zeri, a cura di Mauro NATALE, Milano 1984, pp. 315-322, sulle cui attribuzioni non sempre concordo. Al catalogo del Catena va aggiunta un'altra opera, intitolata Vergine col putto, raffigurata in un'incisione di Antonio Viviani (Bassano, 1797-1814) su disegno di Gavagnin e conservata nella Biblioteca del Museo Correr di Venezia (St. P.D. n. 4782). Ai fianchi della Vergine compaiono i santi Girolamo e Francesco.

8. PIGNATTI, op. cit., p. 231.

9. A. GENTILI, Giovanni Bellini, la bottega, i quadri di devozione, in "Venezia Cinquecento" (1991), n. 2, pp. 27-60; The Art of Devotion in the Late Middle Ages in Europe, 1300-1500, a cura di H. van OS, trad. di M. Hoyle, Londra 1994.

10. A. MANNO, S. SPONZA, Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Arte e devozione, Venezia 1995, pp. 47-48.

11. Madonna con il Bambino e santi, Walters Art Gallery, Baltimora, firmata Vincenzo Dalle Destre; Madonna con il Bambino e i santi Pietro e Elena, Coll. priv. Manfrin, Venezia; ROBERTSON, cat. nn. 1 e 8.

12. ROBERTSON, cat. n. 1.

13. Madonna con il Bambino e le sante Irene e Maddalena, Corporation Art Gallery, Glasgow; ROBERTSON, cat. n. 9.

14. NICOLO' DA OSIMO, Zardino de oration fructuoso …, Venezia, B. Benali, 1494, c. 1 v.

15. Meditatione dela vita et passione del nostro Signore Misser Iesu Christo …, s.t., s.a. (ma è 1500 circa); sull'argomento: A. MANNO, I vangeli del Tintoretto, in Jacopo Tintoretto nel quarto centenario della morte, a cura di P. Rossi e L. Puppi, Padova 1996, pp. 207-211. In una Madonna con il Bambino e san Giovannino, conservata a Londra e ambientata in una stanza di palazzo Contarini-Ruzzini, attraverso una finestra si scorgono la chiesa di Santa Maria Formosa e il palazzo della famiglia Malipiero-Trevisan: A. EDWARD e altri, Trafalgar Galleries Anniversary Exhibition, Londra 1996, p. 18.

16. Madonna con il Bambino tra santi e un donatore, Walker Art Gallery, Roscoe Collection, Liverpool; ROBERTSON, cat. n. 10.

17. Madonna con il Bambino tra santi e un donatore, Budapest Gallery; ROBERTSON, cat. n. 11.

18. ROBERTSON, cat. n. 3.

19. Ivi, cat. n. 37; l'identificazione con san Giorgio non è certa.

20. Ivi, cat. n. 6.

21. Ivi, cat. n. 8; in questa tela, la donna compare nelle vesti di sant'Elena.

22. Meditazione …, op. cit., cap. 5, coll. 10-11.

23. Ivi, col. 13.

24. R. CARACCIOLO, Spechio della fede hystoriado, novamente impresso, Venezia, Bartolomeo de Zani da Portes, 12 dicembre 1505, c. 61 r.

25. Ivi, c. 61 v.

26. Ivi, c. 62 r.

27. Ivi, c. 63 r.

28. ROBERTSON, cat. n. 2.

29. Ivi, cat. n. 3.

30. Ivi, cat. n. 7.

31. Ivi, cat. nn. 17 e 41; in un'altra tela, segnalata dopo la pubblicazione del Robertson, Giovanni, anziché bambino, appare come adulto - forse con il volto del committente - e con le mani sul petto, in atto di umiltà: A. RIZZI, Una inedita tavola del Catena, in Scritti storici in memoria di Paolo Lino Zovatto, a cura di Amelio TAGLIAFERRI, Milano 1972, p. 125.

32. ROBERTSON, cat. n. 29.

33. NICOLO' DA OSIMO, op. cit., cap. 24.

 

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